La scorsa notte ho sognato di andare in Grecia. Non era che la breve tappa di un viaggio più lungo e di cui non saprei dire la meta finale. Ricordo solo una limpida e pura sensazione di felicità per quelle poche ore di transito in Grecia. Ad Atene, per la precisione. Ricordo di aver detto a Teodor che era con me, “dai corriamo a vedere il Partenone!”.
Non sono mai stata in Grecia ed è strano, perché è quel posto che di solito capita assai presto, quando si hanno ancora pochi anni, ma abbastanza per andare in giro da soli. Ma io, per cominciare ad andare in giro da sola, ho dovuto avere la “scusa” di una ricerca, una cornice accademica intorno, inquietudine insopprimibile e molti anni di più.
Non sono mai stata in Grecia (io, innamorata di Mediterraneo e di cultura classica, io che snobbo il Rinascimento al Louvre e co. per perdermi tra statue, fregi e cocci di vasi), non sono mai andata a studiare inglese a Londra (o chissà dove), non ho mai fatto un Interrail, quando tutti, intorno a me, andavano in Grecia, a Londra, in Interrail.
Forse è per questo che stare ferma troppo a lungo, ora, mi fa male alle gambe, che non aver studiato greco resta il mio più grande (scolastico) rimpianto – e una delle ragioni per cui lasciai Archeologia dopo un anno di università, migrando verso la più fascinosa, intensa e accattivante antropologia – lei sì che mi avrebbe portato via da casa.
Forse è per questo che ancora sogno la Grecia, e ancora me la lascio da parte, come quel boccone che appare più delizioso di tutti gli altri e per questo, nel piatto, lo si lascia alla fine.
Sperando sempre che non si tratti di cipolla.

British Museum, Londra