I gatti di Split

Ci sono città gatte.

Istanbul è una di quelle. Roma pure, a modo suo, almeno la Roma delle rovine, di Largo Argentina, dei Fori, della Piramide, luoghi di cui i gatti sono custodi. Rivedere dopo tanti mesi le foto di Split, foto su pellicola, scatti di cui mi ero quasi dimenticata, come accade tutte le volte che uso la macchina fotografica analogica, mi ha ricordato che anche Split (Spalato) lo è. Ma lì la loro presenza è diversa da quella di Istanbul, di Roma. I loro passi non si mischiano a quelli delle persone, agli scricchiolii delle porte, non intonano cori con le voci che li chiamano. I loro passi tracciano traiettorie mute e lunghissime per vicoli sempre più disabitati, perché a Split, nella parte vecchia di Split, non ci vive quasi più nessuno, le stanze sono vuote, i materassi freddi, mentre d’estate, invece, ci dormono in troppi, in troppi passano e vanno, e non sono silenziosi come i gatti. Forse con i gatti neanche ci parlano.

Sinceramente non ricordavo di averne fotografati così tanti mentre ero a Split per SpLitera, per vedere dove la mia cartolina era arrivata, per parlare di Mediterraneo, e scoprire questa città pietrosa in una stagione fredda, e poi riscoprirla di nuovo, uno sguardo in due tempi si potrebbe dire, dalle foto sviluppate solo molti mesi dopo.

No, non ho fotografato solo gatti, ma il fatto che non si vedano nella foto, non esclude che c’erano, magari un po’ fuori dall’inquadratura, magari dietro. Un gatto c’è sempre. E per fortuna.