Cura per lo sguardo

Tra i miei oggetti che migrano, sostano, attendono e si rivelano di nuovo, ci sono, da qualche anno, un bel po’ di rullini in bianco e nero e a colori. Rullini che affido a persone care e i cui sviluppi riscopro, con sorpresa, solo dopo qualche mese, al mio ritorno. La fotografia su pellicola è il recupero di un rapporto diverso con il vedere e con il tempo, è cura e attesa, è antidoto contro la rumorosa invadenza degli schermi, contro la fatica di uno sguardo ingozzato a forza, ogni minuto.

Soprattutto per chi come me, quattro anni fa, ha imparato di nuovo a usare gli occhi, a poggiarli sulle cose, sulle persone, sulle lettere. Occhi nuovi che ora voglio vezzeggiare.

p.s. anni fa per sbaglio, persi tutti i rullini di una vacanza in Sardegna e ne soffrii un bel po’, nel tempo della traversata di ritorno, almeno. Credo fosse il 2001. La persona che era con me me lo fece pesare, e parecchio. Come se gli avessi sottratto, anzitempo, ricordi che poi comunque il tempo avrebbe sfumato, diluito, sciolto. Come se non avessi avuto diritto io, allora, e non senza una certa lungimiranza, a amnesie preventive, assolute e irreversibili.