E ora, cosa faremo adesso? Sarà la stessa cosa di quando decidi di curarti gli occhi miopi, dopo decenni di mondi impressionisti nello sguardo? Sarà come passare da un risveglio senza contorni, solo colori, a un altro di bordi sempre più definiti? Quando sai che tuttavia devi aspettare, perché gli occhi devono imparare di nuovo a vedere (e la tua mente anche) o a distinguere, una a una, le lettere sulla pagina di un libro (i miei li rieducai su Cime Tempestose) e prendersi tutto il tempo di cui hanno bisogno per farlo? Quando devi trattenerti prima di guardare uno schermo, perché la luce fa male, e ti dici che aspetterai, che non c’è niente di urgente, niente di davvero essenziale nel virtuale e in quel ciarlare, in quel momento? Sarà così la nostra rieducazione a un mondo che non ci eravamo davvero soffermati a capire in tutti questi anni, a cui davamo solo occhiate distratte, e che inseguivamo, a nostra volta con l’idea bislaccca di dover sempre sbrigarci, come se qualcuno ci corresse sempre dietro? Sarà che capiremo che la vera urgenza è quella legata a cose più essenziali, la salute, l’istruzione, il rispetto, la gentilezza? E l’intelligenza collettiva di leggere e capire, a una a una, le istruzioni per questo nuovo mondo a cui dovremo addomesticarci piano, ci sarà? E per scriverne di nuove, chi prenderà in mano la penna?
