Olivia e Orsino. A participant observation.

Ora che finalmente scadenze e impegni di lavoro hanno perso un po' di peso, posso finalmente dedicarmi al catwatching, alla miciografia, all'osservazione partecipante, chiamatela come volete, di queste due affascinanti, elusive e morbide creature che popolano casa: Olivia - gatta magnifica, maestosa, affettuosa a sua discrezione - e Duke Orsino, trovatello dolcissimo, affamato e dalle … Leggi tutto Olivia e Orsino. A participant observation.

Antropologia, letteratura, poesia e traduzione. A voce, solo a voce.

A me ascoltare è sempre piaciuto. Ancora meglio se le voci arrivavano da lontano, dalle casse di una radio, accesa a mezzanotte, prima di dormire; dalle cuffie ora di un telefono, un tempo di un walkman, spesso sporco di sabbia, o schiacciato in una tasca, dalla danza delle dita in cerca di stazioni lontane. Alla … Leggi tutto Antropologia, letteratura, poesia e traduzione. A voce, solo a voce.

Collezioni di colazioni

Di mattina, invece, crogiolo lo sguardo nelle colazioni, immaginandomi di nuovo a Roma, con lo stomaco pronto per una seconda colazione in un posto completamente nuovo, o in uno in cui sono già stata, e dove mi piacerebbe portare chi come me considera il primo pasto il migliore in assoluto della giornata, della settimana, del mese.

‘Since you came here, you brought another island in you’

Leaving a city, a land, an island to head toward other cities, lands, islands, is one founding act – among many others – by which the individual claims, makes sense of, and establishes the continuity of their presence in the world. One could argue that, beyond the many meanings and consequences covered by such an experience, the act of migrating represents a kind of multi-situated ritual of presence just in the moment of the utmost exposure of the individual to the risk of losing themselves, to the inevitable fragmentation of their old and familiar horizon.

Toronto: un appannato déja-vu.

L'acqua era la vera differenza capace di ridestarmi da quel sogno, dalla sensazione di non trovarmi più solo nei fotogrammi di un paesaggio percorso già col pensiero decine di volte ma, al contrario, nell'umida tangibilità di quell'altrove, dell'altrove più altrove in cui avessi messo piede. In un altrove dove era opportuno che i piedi, almeno loro, restassero asciutti.